L’esperienza della messa in carcere la posso definire come vera e propria Esperienza con la “e” maiuscola. È stata una nuova realtà che ho scoperto, e della quale ho ancora tanto da scoprire, essendo stata la prima volta che sono andato là dentro, all’interno di quelle mura, a fare un servizio che, in fondo, richiede di riuscire a fare veramente poco: cantare e suonare a due semplici messe. Ebbene, quello che ho capito è che non è semplicemente questo. Né per noi che andiamo a fare questo servizio né per i carcerati che partecipano a una messa cantata dai giovani. È molto di più. È mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù, ciò che Lui ci ha detto attraverso il Vangelo, che è una bella cosa. È uno scambio di sorrisi e di speranza. Un sollevamento per loro che hanno da passare anni e anni lì dentro, e che forse non aspettano altro che vedere dei volti nuovi una volta ogni mese; dei volti giovani che magari gli ricordano dei loro cari, che siano figli, fratelli o sorelle, o altre persone. E questo, quando uno lo capisce, impressiona veramente tanto… sì perché, sin da bambini, quando uno pensava al carcere, lo pensava come un posto dove non ci vorrebbe mai finire dentro, giustamente, e così tutt’ora. E invece, ora che ci sono stato, è proprio un posto dove, posso dire, puoi fare esperienza di Dio a tutto tondo; un’esperienza, naturalmente, con le proprie fatiche e con i propri tempi (magari lenti) a causa dei giudizi che inizialmente non sono facili da distogliere dalla propria mente. Ma, appunto, un’esperienza vera e propria. Una cosa che mi ha colpito tanto è stato un gesto che loro facevano e che noi ricambiavamo: una stretta di mano che loro venivano a darci, conclusa la messa, per ringraziarci e per augurarci una buona domenica. Due motivi dietro quella stretta, a mio parere, molto significativi. Il “grazie” che traduceva la loro contentezza nell’aver ricevuto quanto noi gli avevamo dato (e lo stesso al contrario, quindi nei nostri confronti). E la “buona domenica” per un’augurio di passare una buona giornata, che, se ci pensavamo, non era una giornata qualunque, era il giorno del Signore (domenica), quindi tutto valeva ancor di più, o almeno aveva un significato più profondo. Comunque, per concludere, è un’esperienza che consiglio a tanti, perché il tutto apre una nuova realtà che andrebbe scoperta per capire tante cose, e per mettere in pratica anche la parola del Signore.
Giacomo